Nello stesso salone da ballo dove un tempo risuonava l’eco dei passi di Sissi, che lo attraversava per andare a ritirarsi nei suoi appartamenti, dove oggi alloggiano maestosi Orfeo ed Euridice del Canova, e dove, per la sua costruzione, Napoleone a suo tempo aveva fatto demolire una chiesa e interrare un rio, pur di creare quella che è chiamata l’Ala Napoleonica delle Procuratie Nuove, in Piazza S. Marco… dall’8 Marzo al 5 Maggio sono stati esposti gli abiti della collezione P/E 2013 di Agatha Ruiz de la Prada, già precedentemente presentati alla Fashion Week a Madrid.
Ora, a mostra conclusasi, a mio parere, le considerazioni da
fare sono due:
Da un lato il plauso per l’idea di utilizzare questa
splendida location, di fresco annessa al restaurato percorso museale di recente
apertura, assieme agli appartamenti privati della succitata Sissi, icona (quasi)
pop di stile dopo i film con Romy Schneider nella seconda metà degli anni cinquanta.
E proprio dalla pop-art era partita la Ruiz della Prada nei
suoi vent’anni come prima ispirazione durante l’accademia di belle arti…
In generale questo è un luogo che avrebbe potenzialmente molto
da offrire alla moda, magari in connubio con il museo di palazzo Mocenigo,
magari come sua vetrina privilegiata nel salotto
della città.
D’altro canto però mi è inevitabile non fare un’aperta critica
a chi ha organizzato l’evento credendo che, col solo fatto di essere in un
posto così incantevole, non ci fosse bisogno di strutturare un concept alla
mostra, ma si potesse vivere di rendita grazie alle vestigia del Museo Correr
stesso. Nulla di più sbagliato.
La posizione decentrata rispetto al percorso museale
canonico, e la chiara visibilità del salone da ballo rispetto allo scalone
d’accesso del museo, esigevano che la personale fosse racchiusa in un suo
habitat creato per l’occasione.
Quello che invece è stato fatto è stato piazzare là, in
circolo, con un cordone a transennarli, i 31 abiti, in ordine sparso. Non una
riga di spiegazione, non un ordine logico che spiegasse le origini della
collezione.
Cosa dire dunque?
Bene. Mi fa piacere che l’Assessorato
alla Cittadinanza delle donne e alle Attività Culturali del Comune di Venezia
si adoperi per intavolare questo genere di eventi di cui la mia bella città è tristemente
carente; detto questo, di strada da fare trovo ce ne sia ancora molta.
Quindi faccio un appello: la prossima volta magari non è
così importante che la mostra apra il giorno esatto della Festa della Donna.
Piuttosto prendetevi pure più tempo per organizzarla un minimo meglio; sono
sicura che la cittadinanza delle donne
non ve ne vorrà a male, anzi!
Perché in tutto ciò non ho parlato della parte peggiore di
tutta la faccenda: gli abiti di Agatha Ruiz de la Prada sono tutt’altro che
scontati. Al contrario sono folli e molto strutturati, e questa collezione in
particolare aveva un significato profondo nella sua carriera: celebrava con 31
abiti i 31 anni passati nella moda. (Le foto di alcuni di essi lo dimostrano
ampiamente) È quindi un peccato che l’esposizione non abbia saputo dar loro
il rilievo che meritavano, e che ora, a mostra terminata, non sia rimasto nulla
dell’evento, non una brochure, non un una sola riga di didascalia, non un bel
ricordo.