sabato 9 febbraio 2013

L'IMPRESSIONISME ET LA MODE





MUSÉE D'ORSAY, PARIS


Sicuramente il 2012 ha visto la moda come protagonista assoluta delle principali mostre allestite a Parigi. A spiccare tra le tante – per citarne solo alcune: “Choé. Attitude”, al Palais de Tokyo, e “The Little Black Jacket”, al Grand Palais – vi è “L’impressionisme et al Mode”, allestita dal celebre regista e scenografo teatrale Robert Carsen, e tenutasi nella prestigiosa cornice del  Musée d'Orsay (dal 25 settembre 2012 al al 20 gennaio 2013).
L’argomento già di per sé possedeva attrattive sufficienti per garantire all’evento una risonanza su larga scala, indipendentemente da quali che fossero gli effettivi meriti dell’esposizione. La nutrita collezione impressionista del museo d’Orsay assicurava, con poco sforzo, di allestire svariate sale, e le installazioni di matrice teatrale, che simulavano un’ambientazione en plein air, ne dilatavano ulteriormente le proporzioni.
Di fatto poi gli abiti in mostra erano poco più che una ventina, alcuni più significativi di altri, e tutti scarsamente provvisti di didascalia.
L’impressione generale, già dalla seconda occhiata, era quella di una sfilata riccamente adorna ed imbellettata, ma povera di contenuti. Le testimonianze d’epoca erano pressoché inesistenti, se ci si astiene dal considerare tali le ridondanti citazioni da “Al Paradiso delle Signore” di Emile Zola, ampiamente saccheggiato e piazzato coreograficamente sulle pareti espositive. La luce soffusa, corredata dall’intonacatura in colori cupi, rendeva indistinte le trame dei tessuti, oltretutto non specificate nei cartellini didascalici, fatto motivabile solo con la presunta volontà dei curatori di voler riprodurre un’ impressione fugace degli abiti, da veri impressionisti.
Infine le audio guide ripetevano pedissequamente quanto già espresso negli sparuti dépliant informativi distribuiti all’ingresso, senza aggiungere alcuna informazione aggiuntiva.
Ciononostante l’affluenza alle sale superava la capienza massima di sicurezza delle stesse. E tutto sommato l’impressione generale che se ne ricavava all’uscita era positiva, se non altro, anche solo per la magnificenza innegabile dei dipinti selezionati.
La sezione trattata con più accuratezza era sorprendentemente quella sugli abiti maschili. In un’epoca passata alla storia come ‘la grande rinuncia’ del guardaroba maschile, è curioso scoprire come invece la cura maniacale dell’outfit dell’uomo alla moda non sia sfuggita all’attenta osservazione degli artisti dell’epoca, rivalutando la tesi della Arnold, secondo la quale il completo maschile, perfezionatosi nel corso del XIX° sec. e successivamente rimasto pressoché inalterato fino ai giorni nostri, sia da considerarsi non come un’arretratezza di tale indumento dovuta allo scarso interesse dell’uomo per le frivolezze della moda, ma anzi una tale avanguardia da non risultare necessarie ulteriori modifiche, se non di impercettibile misura.
La stessa esposizione sarà prossimamente in mostra anche al Metropolitan Museum di New York e all'Art Institute di Chicago, entrambi nel team organizzativo dell’evento.